Solo Questo Fiore

Praticare con il Caso 6 del Mumonkan

Quando il Buddha Shakyamuni era sul Monte Gridhrakūṭa, sollevò un fiore davanti ai suoi ascoltatori. Tutti rimasero in silenzio. Solo Mahākāśyapa sorrise. E il Buddha disse:

“Io possiedo il vero occhio del Dharma, la mente meravigliosa del Nirvana, la vera forma del senza-forma, e il sottile cancello del Dharma, indipendente dalle parole e trasmesso al di là delle dottrine. Questo lo affido a Mahākāśyapa.”

È una storia semplicissima—quasi niente accade. Il Buddha solleva un fiore, un uomo sorride, e qualcosa di profondo si compie. Nessuna spiegazione. Nessun discorso. Solo silenzio, un fiore e un sorriso.

A volte penso che il Buddha fosse semplicemente stufo di parlare. Dopo una vita di insegnamenti, di risposte, di indicazioni… forse in quel momento, sollevando quel fiore, stava dicendo: basta parole—vediamo chi è davvero qui. E Mahākāśyapa sorrise.

Non perché avesse capito qualcosa.
Non perché avesse svelato un messaggio nascosto.
Ma forse—proprio perché non c’era nulla da capire.

Solo un fiore.
Solo quel momento.
Solo un respiro.

Nessuna storia, nessun commento, nessun lavorìo mentale. Solo vedere. Solo essere.

E gli altri? Il resto del pubblico? Forse erano confusi. Forse cercavano un significato. Come facciamo tutti. Ancora presi nella mente. Ancora in cerca del Dharma come fosse una cosa da afferrare. In cerca di risposte invece che guardare semplicemente il fiore.

È lì che mi ritrovo spesso anch’io: nel pubblico. Alla ricerca di un senso, di una spiegazione chiara, di qualcosa a cui aggrapparmi. Costruendo significati, inseguendo pensieri, perdendomi nel labirinto della mia testa.

Ma Mahākāśyapa non inseguiva niente. Non interpretava. Non cercava. Semplicemente vedeva. E sorrideva.

Quel sorriso non parlava di conoscenza. Parlava di presenza.
Un sorriso che dice: non sto cercando nulla. Sono a casa.

Quando il Buddha parlò del “vero occhio del Dharma” e della “mente meravigliosa del Nirvana”, io non sento un dogma. Sento presenza. Sento l’esperienza diretta di un momento prima che venga trasformato in concetto.

Anche quelle frasi poetiche:

  • la mente meravigliosa del Nirvana
  • la vera forma del senza-forma
  • il sottile cancello del Dharma

non mi sembrano mistiche o irraggiungibili. Mi sembrano un invito a riposare in ciò che è già qui.
Quel fiore non era un enigma.
Quel cancello non è da attraversare.

Non c’è nessun cancello.
Ecco perché si chiama Il cancello senza porta.


🌿 Come pratico con questo kōan

Non studio questo kōan.
Ci pratico insieme.
Ci convivo.

A volte, quando medito e la mente è rumorosa—presa da pensieri su lavoro, email, preoccupazioni—mi viene in mente il Buddha che solleva il fiore. Niente spiegazioni. Solo il fiore.

E spesso nasce un sorriso.
Non perché ho capito.
Ma perché non ho più bisogno di capire.

A volte mi succede in bici, camminando, parlando… quando mi accorgo che i pensieri si stanno avvitando su loro stessi. Allora torna alla mente il fiore. E le cose rallentano. La tensione si scioglie.
Ritorno a questo momento, così com’è.

Questo kōan mi ricorda che non devo trovare il momento.
Devo solo incontrarlo.
Non capirlo. Ma sentirlo direttamente.

E forse, in fondo, è sempre stato questo il vero insegnamento del Buddha.