I tre segni dell’esistenza; impermanenza, sofferenza e non-sé.
Questo momento è semplicemente Nirvana, non ha bisogno di assolutamente niente, succede già da solo. Non ha particolarmente bisogno del mio intervento per essere già perfetto, così come è. Posso fare qualcosa in questo momento, ho la libertà di muovermi, di dire qualcosa, di fare qualcosa ma qualsiasi cosa faccio non cambierà mai la perfezione di questo momento. Facciamo parte di una unità che per comodità e convenzionalmente chiamiamo universo. Non c’è via d’uscita, non possiamo scappare da questa verità. Ora, all’interno di questa verità abbiamo la libertà di muoverci come vogliamo, o meglio pensiamo che sia così. In effetti siamo condizionati da ciò che abbiamo imparato ed assorbito durante la nostra vita per cui quella libertà che pensiamo di avere non è proprio libertà. Lo è all’interno di una gamma limitata di condizionamenti.
Decidessimo di fare qualcosa che beneficia noi stessi però porta sofferenza ad altri, avremmo agito in totale ignoranza, non vedendo come stanno le cose veramente, non vedendo che non siamo affatto separati dalla sofferenza dell’altri, siamo solo una minuscola parte dell’universo. Quell’entità che noi crediamo di beneficiare, non esiste, non c’è un sé, non lo potremmo mai trovare anche cercassimo tutta la vita. Non c’è niente di fisso dentro di noi che possiamo riferire come essere un io fisso e indissolubile. Non c’è un sé e questa è uno dei tre segni dell’esistenza. Siamo piuttosto impermanenza, qualsiasi cosa in noi è in costante mutamento, cambia costantemente. Questa cosa non la possiamo cambiare, è un fatto inequivocabile. E questa è il secondo segno dell’esistenza. Il terzo segno è che quando ci intestardiamo a difendere ciò che non esiste, un io e non abbracciamo il costante cambiamento di cui siamo parte, soffriamo, sperimentiamo con questo senso di insoddisfazione. Cerchiamo di tutto per far sì che riusciamo a soddisfare queste nostre delusioni di un io fisso e del non abbracciare il cambiamento ma non è nient’altro che una battaglia persa, è contro la vera natura delle cose. Nirvana è semplicemente l’abbandonare queste delusioni mentali ed abbracciare questo momento così come è, senza se e senza ma. Noi si è separati da quello che vediamo e viviamo, non abbiamo una vita propria ma siamo la vita stessa. Si può in qualche modo semplicemente rilassarsi nel qui ed ora senza fare assolutamente niente. Così facendo non avremmo ne migliorato ne peggiorato le cose. Le cose sono perfette così come sono, comunque siano.
Questo non è un vero e proprio insegnamento nel senso che va chiaramente visto e non appreso. Non è una legge, una regola, un suggerimento, un dogma ma è semplicemente un incontro con le cose così come sono. Non come ce le immaginiamo e come a la nostra mente piacerebbero che siano ma papali papali così come sono. Per quello credo che il Buddismo Zen non è un insegnamento malgrado ci siano migliaia di libri di Zen. E’ più che altro una presa di coscienza, è un abbandonarsi alle cose come sono, è il far cadere completamente le varie fantasie che vivono nella nostra mente. Quelle fantasie che ci tengono legate a vari credi che creano dipendenza, paura, superstizione, prigionia e via dicendo. Non dobbiamo seguire le bizzarrie delle nostre idee, possiamo benissimo farne a meno. E’ un pò come aprire il pugno con cui crediamo di aver appreso qualcosa, lo teniamo stretto stretto finendo con il creare tensione in tutto ciò che facciamo. Possiamo in qualsiasi istante aprire questo pugno e vedere questo momento per quello che è, senza filtri, libero da idee e concetti, spettacolarmente, indescrivibilmente così come appare, perfetto, unico, non perfezionabile.
Per me la cosa più importante di queste parole è l’esplorazione personale. Non leggere queste parole come fossero un insegnamento, nello Zen non ce ne sono di per se. La cosa migliore da fare è esplorare la possibilità, indagare, investigare personalmente questo io o questa mancanza di un’io. Esplorare in ogni momento questa impermanenza, in noi, dentro di noi e al di fuori di noi. Quante cose veramente non cambiano e non mutano costantemente? E poi esplorare questa dicotomia tra Nirvana e sofferenza, dove è l’una e dove è l’altra? Come si manifesta una e come si manifesta l’altra?
Per me i tre segni dell’esistenza racchiudono tutto ciò che dobbiamo esplorare per aprirci ad un modo diverso di sperimentare la nostra esperienza di vita, per fare questo cambio di prospettiva dove possiamo possibilmente espandere quelli che crediamo essere i nostri confini e i nostri limiti. Siamo davvero condannati a vivere imprigionati dentro la nostra mente? Controllati da questa mente, dalle idee, i credi, i pensieri che in continuazione sorgono e si manifestano nel nostro spazio di coscienza?
Non so esattamente cosa possa cambiare nelle persone dal punto di vista pratico? Come si possa manifestare nella vita dell’altri. Immagino che cambi da individuo ad individuo. Dopotutto siamo cablati in maniera diversa l’uno dall’altro ed il modo in cui ci relazioniamo nell’universo è unico a noi, non è duplicabile. Credo sia comunque affascinante l’esplorazione, l’indagare diverse possibilità, maturare nuovi modi di vedere come sono le cose. Questo potrebbe portare un pò di sollievo, potrebbe portare un pò di rilassatezza, potrebbe portare un nuovo modo di vivere la propria vita con noi stessi e con gli altri.
