Non posso dire che ciò che faccio sia migliore di quello che fa un’altra persona. Non posso dire che la mia vita sia un esempio.
Posso solo vivere la mia vita nel modo che sento più consono a me, nel modo che mi rende più felice. Credo che questa felicità nasca da momenti di riflessione, meditazione, esperimenti.
Allora forse non dovrei condividere nulla. Anche quella sarebbe libertà.
Ma condividere mi piace: mi fa sentire vivo, partecipe di questo viaggio che tutti chiamiamo vita. Posso condividere la mia esperienza con i miei compagni di viaggio… non come esempio, ma come uno dei tanti percorsi che ognuno di noi compie.
Molta gente fatica a vedere come i pensieri, le esperienze, la cultura e tutto ciò che ci circonda abbiano calcificato il nostro senso di identità, facendoci diventare qualcuno o qualcosa di fisso. Questo crea stress: sul personaggio costruito si accumulano aspettative, ruoli, idee, giudizi.
Quando pian piano riusciamo ad aprire il pugno che stringe questo personaggio, iniziamo a vedere davvero cosa siamo… e la libertà che abbiamo sempre avuto.
Si parte da una piccola pausa, da una sosta nella nostra infinita corsa. Ci si siede per un poco e ci si lascia attraversare da ciò che accade, senza reagire – o cercando di non reagire. Senza giudicare, senza colpevolizzare, senza fermare o cambiare nulla, completamente aperti a ciò che succede.
Pian piano qualcosa fa breccia in noi: la consapevolezza che non siamo questi pensieri, né le cose transitorie che ci passano per la testa. Tutto sorge e tutto passa spontaneamente. Ciò che non alimentiamo muore, se ne va.
Cosa abbiamo a che fare, allora, con le tante idee che ci attraversano? Possiamo utilizzarle consapevolmente, riconoscendo ciò che è costruttivo. Allo stesso modo, se vediamo qualcosa di negativo, che giudica o non nutre, abbiamo la libertà – e secondo me il dovere – di lasciarlo scorrere via, consapevolmente. Non ci appartiene.
Lo Zen è curiosità: trasformare la vita in laboratorio, un esperimento in continuo movimento.
Accettare tutto come verità significherebbe chiudere il laboratorio e buttare via le chiavi. Chi siamo davvero? Quale pensiero ci appartiene?
Ogni risposta fissata è benzina sul fuoco del laboratorio. Studiare Zen ci dà strumenti: provare, sperimentare, capire…
Questo non significa negare alcune cose e accettarne altre. Per me significa capire quale vita vogliamo costruire per noi stessi, come vogliamo viverla, come vogliamo darle almeno una direzione. Non una meta – la meta è chimera, la vita spesso ci porta altrove – ma una direzione.
La direzione è la nostra intenzione, il nostro compasso, che indica almeno la possibilità di una nostra felicità. La vera meta sta qui, in questo momento, quando siamo attenti e consapevoli di come vogliamo trattare ed interagire con il presente.
Zen significa meditazione. Prenderci una pausa, deliberatamente. Pazienza, resilienza, costanza, curiosità, apertura…
