Caso 36: Seijō e la sua Anima Separata

Lascia che ti spieghi: in questo giro eravamo in due.

Una parte di me stava gareggiando con corridori immaginari del Giro d’Italia su per la Valsassina, collezionando PR.
L’altra? Fluttuava da qualche parte sopra Dervio, sul lago, contemplando la forma delle nuvole e il significato del dolore alle gambe.

Non è raro. A volte entro in modalità Seijō totale—il corpo sale, l’anima è altrove.
Nello Zen, è un koan.
Nel ciclismo, sono solo qualche ora in sella.

“Seijō e la sua Anima Separata” è il caso 36 del Mumonkan.
Esplora la separazione apparente tra corpo e mente, tra azione e intenzione.
Ci sfida a chiederci cosa significhi essere integri. Nella pratica, indica l’integrazione—tra emozione e ragione, visibile e invisibile, sforzo e quiete.

Sono partito da Mandello alle 6:29 (non chiedermi perché quell’orario strano, è stato Strava a dirmelo), pensando:
“Oggi conquisto l’anello della Valsassina.”

PR su Tartavalle? ✔️
PR su Colle Balisio Nord? ✔️
PR su “dh laorca madness”? (Sì, si chiama davvero così.) ✔️✔️

Ma mentre le gambe spingevano qualche 120 watt, l’anima era… incerta.

Mi importa di più dei KOM o delle mucche?
La gloria o una brioche?

A metà giro ho cominciato a raccontarmi la pedalata come un maestro Zen finito per caso a fare il mental coach:

“Quando il ciclista si divide in due,
uno beve sali minerali, l’altro si chiede dove sia finita l’anima.”

In cima mi sono fermato.
Certo, non siamo mai divisi. Non c’è anima, non c’è corpo. Una sola cosa. Dov’è andata l’anima? Sempre qui, parte dell’unico grande universo.
Ciò che divide è la mente. La realtà è una, e noi siamo essa.

Silenzio. Vento.
Un campanello lontano—forse una mucca, forse una chiesa, forse la zip della borsa che sbatte sul telaio. O forse una campanella del vento.

Io-sudato e io-metafisico? No, una cosa sola.
Niente si muove, niente è fermo.

80 chilometri e oltre 900 metri di dislivello: un solo respiro, una sola pedalata, un sorriso.